Il Mekong è il dodicesimo fiume più lungo del pianeta, ma è secondo solo al Rio delle Amazzoni per quanto riguarda la biodiversità, ospitando oltre 1200 specie di pesci. Le sue acque continuano a sostenere la sopravvivenza di milioni di persone in Laos e altri Paesi, tuttavia, la situazione sta subendo cambiamenti drammatici. Ecco le ragioni dietro tale trasformazione.
Testo e foto di Emanuela Colombo
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Il Mekong non è un semplice fiume ma un vero e proprio tesoro e fonte di vita per numerosi Paesi dell’Asia. Simbolo di prosperità, questo corso d’acqua in passato ha rappresentato la principale via di comunicazione e commercio tra la Cina e le altre nazioni dell’area.
In tempi più recenti è divenuto un elemento fondamentale per l’esistenza di milioni di persone.
Le sue acque ricche di vita consentono di sopravvivere a contadini e commercianti di Laos, Cambogia, Myanmar, Vietnam e Thailandia.
Sì, perché ancora oggi il fiume alimenta i raccolti e custodisce il pesce che poi viene consumato e rivenduto nei mercati di tutto il Paese.
Il grande fiume
Il Mekong nasce sull’altopiano tibetano e scorre per 4900 chilometri fino al Mar Cinese meridionale.
La prima metà del suo percorso è in Cina dove è chiamato Lancang Jang, o “fiume turbolento”, poi entra in Laos nella regione detta del “triangolo d’oro”, segna il confine tra questo Paese e il Myanmar e più a valle tra Laos e Thailandia. Attraversa la Cambogia e, infine, forma un grande delta nel Vietnam meridionale.
L’importanza del Mekong
Un percorso lungo e tortuoso. Ma il fiume è una risorsa indispensabile per molti. Secondo la Fao il basso bacino del Mekong è la più produttiva regione di pesca d’acqua dolce al mondo, con circa il 15% del pescato mondiale.
Tra pesca e acquacoltura, si stima una produzione annua di circa 4,5 milioni di tonnellate di pesce e altri organismi acquatici.
A questi dati si aggiungono quelli derivanti dalla pesca artigianale, a cui è legata la sussistenza di milioni di persone. Non va inoltre dimenticato che gli esemplari acquatici che vivono nel fiume sono la principale fonte di proteine animali per gli abitanti della regione.
Le difficoltà
Oggi però le reti sono vuote, i pescatori disperati e interi villaggi rurali sul lastrico.
Anche l’agricoltura stagionale è in crisi: di solito, quando la piena si ritira, milioni di abitanti rivieraschi si dedicano alla coltivazione di orti e risaie sulle terre concimate dal limo. Limo che, però, oggi non arriva.
Il livello del fiume è così basso che le pompe per l’irrigazione dei campi non arrivano a prelevare acqua.
Bisogna pensare che circa 60 milioni di persone abitano lungo il basso bacino del Mekong, di cui circa la metà vive entro 15 km dal fiume e ne dipende direttamente. In altre parole, la mancanza d’acqua minaccia l’economia e la sicurezza alimentare di milioni di persone, in particolare della popolazione rurale.
Causa di tutto questo è sicuramente il cambiamento climatico che fa diminuire la quantità di pioggia durante il periodo monsonico e rende le perturbazioni irregolari, violente e improvvise.
Ma non vanno nemmeno sottovalutati gli interventi umani lungo il corso del fiume: l’estrazione della sabbia per il settore edile, l’eliminazione di isole, isolotti e banchi di sabbia per consentire la navigazione e la costruzione di dighe lungo tutto il suo corso, alterano il normale scorrimento delle acque, l’alternanza secche e piene e le migrazioni dei pesci.
La drastica diminuzione delle riserve ittiche presenti nel Mekong, unitamente all’aumento della popolazione locale, ha indotto molti pescatori ad utilizzare metodi impropri (e soprattutto illegali) come cariche di esplosivo e l’elettricità, causando ulteriori danni alla biodiversità del fiume e ai suoi stock ittici.
La “questione” cassava
La coltivazione della cassava è sempre stata un’attività tradizionale lungo il fiume; in anni recenti è divenuta particolarmente complicata, sia a causa della mancanza d’acqua che per la scomparsa delle sostanze fertili depositate dalle piene del fiume.
E così i contadini locali, spinti dalla richiesta estera del prodotto, hanno iniziato a piantare cassava anche lontano dal corso del fiume, deforestando zone sempre più ampie attorno al Mekong. E questo rappresenta un ulteriore grave danno all’ambiente di queste zone.
La cassava cresce con facilità anche in assenza dell’acqua ma dopo pochi anni prosciuga il terreno dal quale attinge nutrimento inducendo i contadini a deforestare ulteriori terreni, in un circolo vizioso senza fine.
L’espansione agricola smodata, l’utilizzazione forestale legale e illegale nonché la costruzione di strade, dighe di sbarramento e altre infrastrutture stanno attualmente decimando le foreste.
Tutto ciò sfocia in un’estrema riduzione della biodiversità e nella distruzione degli spazi vitali delle popolazioni di animali che vivono nella regione.
Certo è che se in qualche modo non si riuscirà ad interrompere questa tendenza rovinosa il sistema Mekong imploderà a breve con conseguenze catastrofiche sia dal punto di vista della perdita di biodiversità e di ambienti naturali unici; sia a livello sociale, costringendo milioni di persone alla migrazione in cerca di nuove fonti di sostentamento.
Testo e foto di Emanuela Colombo – Quasiboomer |Riproduzione riservata © Latitudeslife.com
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